Uno degli aggettivi più
usati per definire una personalità che ha fatto parlare di sé in un
ambito specifico è GRANDE! Il grande Leonardo per
esempio, oppure il grande Picasso, il grande Charlie
Chaplin, il grande Moebius, insomma quante volte usiamo
questa espressione per esaltare un artista o scrittore o regista che
sia, che si è distinto grazie alla sua arte?! A volte però si fa un
abuso di questo aggettivo. Quindi, in definitiva, un grande
dev'essere di fatto tale, e tale deve essere definito senza mezzi
termini; nello stesso tempo la parola grande non deve essere
usata a sproposito per definire un bravissimo artista o un dotato
scrittore.
Personalmente cerco di
non abusare di questo aggettivo ma ahimè non sono perfetto: spesso
ci casco anch'io, soprattutto quando parlo entusiasticamente di un
determinato artista.
Recentemente, mentre
mettevo ordine nella mia biblioteca, mi sono capitati tre vecchi
libri della AMZ Editrice; tre romanzi illustrati per ragazzi
di cui due portavano la firma di Gianni Padoan, uno dei
migliori scrittori italiani del genere. Ma il vero tesoro di questi
libri sono le illustrazioni; basta vederne una e si riconosce
immediatamente l'inconfondibile tratto di Gino D'Antonio.
Ecco un autore per cui
l'aggettivo grande è d'obbligo. Nel fumetto, per gli addetti ai
lavori, il nome di Gino D'Antonio è irrimediabilmente
legato alla sua opera più famosa, vale a dire l'imponente saga della
Storia del West, una delle opere più belle e innovative di
tutto il fumetto mondiale.
Ma D'Antonio
fu molto di più della Storia del West. Come sceneggiatore fu
eguagliato da pochi: scrisse L'uomo di Pechino disegnato da
Renato Polese, L'uomo del Bengala disegnato dal grande
(anche qui è d'obbligo) Guido Buzelli e L'uomo del deserto
e L'uomo di Rangoon per i disegni di Fernando Tacconi,
oltre a disegnare le sue storie L'uomo dello Zululand e il
capolavoro bellico L'uomo di Iwo Jima. Creò personaggi belli e
originali, come la saga western con toni da commedia Bella e Bronco
(all'epoca non apprezzata dal pubblico), Mac lo straniero
(disegnato da Tacconi), Susanna (disegnata da Tacconi e
Polese) e una superba rivisitazione della seconda guerra mondiale,
Uomini senza gloria, in gran parte disegnata dal fidato
Fernando Tacconi; un'opera che narra la seconda
guerra mondiale attraverso una serie di racconti avvincenti lontani
anni luce dalla didattica Storia d'Italia
a fumetti di Enzo Biagi. E molto altro ancora ha
fatto D'Antonio e continuò a fare fino alla morte
sopraggiunta nel dicembre del 2006.
Autodidatta, uomo di
grande cultura, autore completo tra i più completi (mi si permetta
il gioco di parole), profondo innovatore e dotato di un segno grafico
geniale, D'Antonio era un fuoriclasse anche come
illustratore.
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Due giovani talenti: Gino D'Antonio e Renato Polese. |
Le illustrazioni per
questi tre romanzi rappresentano la piena conferma di quello che
dico: l'autore milanese alterna pennino e matita, e grazie al suo
tratto dinamico e fortemente espressivo crea delle splendide
immagini; niente a che vedere con gran parte delle illustrazioni che
spesso affollavano i libri di questo genere che riempivano gli
scaffali delle poche librerie e cartolibrerie del periodo. E ancora
una volta il grande maestro ha a che fare con la selvaggia America
(nel romanzo Glory, Glory, Alleluja...! illustrando
l'attivista per i diritti civili John Brown), con l'Italia
durante la prima guerra mondiale (Un elmetto coperto di fango)
e con il Pakistan raccontato nelle sue miserie (Una corsa verso
l'ignoto).
Di seguito alcune
illustrazioni tratte dai tre romanzi. Una piccola dimostrazione
dell'eccezionale talento di Gino D'Antonio, autore
geniale e vero maestro del fumetto mondiale.
Un grande, appunto.
Post stupendo. Il giusto tributo ad un grande narratore di razza.
RispondiEliminagrazie Luigi...
EliminaUn grandissimo narratore...