giovedì 12 luglio 2012
martedì 10 luglio 2012
lunedì 9 luglio 2012
Jac e Ned 10° capitolo: Summer of '93
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Cocco Bill e Tex Revolver in una vignetta tratta da Cocco story di Jac e Ned. 1993 |
Come
vi dicevo precedentemente d'estate Jacovitti abbandonava il caos
della capitale per godersi la tranquillità della sua casa a Forte
dei Marmi. Prima che scomparisse tra le onde della Toscana (il che
avveniva esattamente per due mesi: luglio e agosto), c'incontrammo
per discutere un progetto che tutt'oggi non ha ancora visto la luce:
COCCO STORY: l'infanzia e l'adolescenza di Cocco Bill.
L'idea
mi venne in mente leggendo un'avventura di Tex Revolver, degno
precursore di Cocco Bill, nell'omonima storia apparsa sul Vittorioso
nel 1955, in cui questo eroe da fuorilegge diventa tutore della
legge convocando a nozze addirittura una tutrice della legge:
Genoveffa la scereffa.
Gettai
un soggetto a grandi linee su come vedevo la storia: praticamente
Cocco Bill nasce sotto una pianta di camomilla e, cresciuto a suon di
biberon pieni appunto di camomilla, dimostra da subito la sua abilità
di pistolero nonché la sua propensione a essere un rubacuori, fin
quando non riceve in regalo, per il suo compleanno, il fido compagno
d'avventure Trottalemme con cui, raggiunta la maggiore età, lascia
la città natale per esplorare il selvaggio west.
Tutto
questo doveva essere condensato nelle prime otto tavole delle
quaranta previste. Dalla nona tavola in poi avremmo raccontato la sua
prima avventura, di come il nostro neo eroe adolescente riesce a
sventrare un traffico illegale d'alcool e d'armi diventando, con
l'aiuto dello sceriffo Tex Revolver, un difensore della legge.
Durante
il nostro incontro, molto divertente devo dire, Franco mi consegnò
un foglio su cui s'era appuntato i vari nomi dei personaggi, della
città in cui svolgere la storia, facendomi anche il bozzetto di come
doveva essere il piccolo Cocco Bill. Lui avrebbe supervisionato il
tutto, lasciando a me il compito di realizzare la storia. Ero davvero
al settimo cielo. Potevo disegnare una storia del mio eroe preferito.
E tutto da solo. Pazzesco, adrenalina nelle vene al 100%.
Di
solito scendevo a casa per le vacanze estive, ma questa volta scelsi
di restare e d'affrontare il caldo romano disegnando la mia storia
personale di Cocco Bill.
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"Little Cocco" in uno sketch di Jac per "Cocco Story" |
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Il disegno che realizzai per la rivista Comix. Sotto, la dedica personale di Jacovitti. |
Nel
frattempo, il settimanale Comix aveva organizzato un evento
estivo cui avrebbero preso parte i vari disegnatori che collaboravano
con il noto giornale. Tra questi, pur essendo uno degli autori di
punta di Comix, non era presente Jacovitti che non amava le
apparizioni in pubblico e che fu quindi invitato a realizzare un
disegno di Cocco Bill, omaggio ai partecipanti della serata.
Credo
sia ormai facile indovinare chi avrebbe realizzato il disegno. Franco
mi chiamò un pomeriggio chiedendomi di realizzarlo velocemente in
bianco e nero e d'inviarlo con un corriere a Comix, la redazione
lo avrebbe poi passato al disegnatore Ro Marcenaro che (stando a
quello che mi disse Jacovitti) l'avrebbe colorato.
Rispettai
le richieste del maestro e il disegno ornò la serata di Comix.
Ma
naturalmente le mie priorità, finché non tornava Jacovitti, erano
due: Cocco Story e le illustrazioni del libro Burle e fatti
alla fiorentina, di cui ho parlato nel capitolo precedente.
Finito quest'ultimo, il mio impegno sarebbe stato tutto verso la
storia di Cocco Bill.
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Jac e Ned a confronto. Il gesto di accensione del suo sigaro "apostolado" e tra le immagini che più lo contraddistinguevano. |
Realizzai
le prime 12 tavole in grande formato e incominciai a inchiostrarle
usando però un tratto grosso, in quanto ero ormai abituato a
inchiostrare disegni di grande formato, cercando d'imitare il suo
stile tardo anni settanta per cui il maestro aveva abbandonato
praticamente gli sfondi e aveva reso le inquadrature più statiche.
Col senno di poi mi resi conto che non fu la scelta giusta e quando
nel 1999 ripresi in mano il progetto, dimezzai il formato delle
tavole, dimezzai il tratto e soprattutto incominciai a ispirarmi al
suo stile degli anni '60, in assoluto il migliore per dinamismo,
storie e inquadrature.
Il
ritorno del maestro mi costrinse a mettere da parte Cocco Story,
affinché entrambi potessimo dedicarci a quello che credo sia stato
(insieme alle storie di Cocco Bill per il Giornalino)
il lavoro meno riuscito realizzato insieme e, del resto, anche quello
che suscitava in noi il minore entusiasmo: il Kamasutra spaziale
per l'editore Stampa Alternativa.
Ma
la passione per la Cocco Story mi ha sempre accompagnato nel
corso degli anni senza mai abbandonarmi. Così come non mi hanno mai
abbandonato i ricordi di tutte le notti di quell'estate romana in cui
passavo le notti chino su quelle enormi tavole.
Quella mitica estate
del '93.
giovedì 5 luglio 2012
Jac e Ned 9° capitolo: Sette giorni su sette!
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Spesso portavo i miei "souvenirs" jacovittiani affinché il maestro me li autografasse. Qui, autografa il suo gioco da tavolo "La febbre dell'oro" |
Non
è facile tenere i ritmi di un grande maestro qual'era Jacovitti. Un
artista del suo calibro aveva una concezione del tempo molto
personale che faceva si che una settimana fosse composta da sette
giorni, ma che questi ultimi fossero tutti feriali. Per Franco non
esistevano sabati, domeniche, festivi o prefestivi. Lui lavorava
sempre. Aveva esordito a 16 anni sul settimanale fiorentino “Il
Brivido” e da allora, anno dopo anno, viaggiava con la stessa
potenza di un treno tra vignette e nuvolette da oltre mezzo secolo,
senza mai essere stanco d'alzarsi la mattina, armarsi di pennino e
inchiostro e riempire fogli di salami, vermi e quant'altro gli
ronzasse in testa. Di conseguenza anch'io incominciai ad abituarmi ai
suoi ritmi imprevedibili. Imprevedibili perché di fatto non c'erano
orari fissi in cui vedersi, tutto era casuale come il suo modo di
lavorare, che non prevedeva nessuna fase preliminare come
sceneggiatura o studi dei personaggi.
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Una delle strisce di Max e Quinn, pubblicate dalla rivista medica "Medical Tribune". © Jacovitti |
Vivevo
in una pensione sul Gianicolo e spesso la domenica ci mettevamo
d'accordo con alcuni amici per fare colazione al bar, fare una
passeggiata per godersi un po' d'aria mattutina. Ricordo che più di
una volta venni bloccato dalla telefonata di Jacovitti che mi
chiedeva di raggiungerlo a casa per ritirare i disegni da
inchiostrare. A volte chiamava la mattina, per incontrarci il
pomeriggio. A volte la sera per prenotarmi la mattina, solitamente
dopo le dieci. E quando non ci sentivamo era perché avevo tanto di
quel lavoro che anche una sua telefonata rischiava di non farmi
finire i disegni.
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Jac in vacanza a Forte dei Marmi. |
Quando
uscivo per farmi un giro in libreria, o a cena da qualche amico, al
mio rientro c'era sempre qualche messaggio di Jacovitti che mi
cercava. Avevo sempre delle monetine in tasca perché ogni minuto era
buono per chiamarlo. Praticamente per ogni mio impegno, esterno al
mondo di Jacovitti, rischiavo sempre di dare “buca”.
E
poi c'era di mezzo anche la scuola del fumetto che, ormai,
frequentavo saltuariamente. Del resto mettetevi nei miei panni:
scuola del fumetto o “bottega da Jacovitti”? Chi preferisce la
prima opzione si faccia internare all'istante.
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La cover del libro "Burle e Fatti alla fiorentina" e la dedica scritta da Jac sulla mia copia personale. © Jodice-Jacovitti |
Era
duro tenere questi ritmi, credetemi, però riuscivo a cavarmela. A
volte dovevo inchiostrare più velocemente, di conseguenza, a lavoro
finito, si poteva notare la differenza tra un disegno fatto bene e
uno leggermente più tirato.
Si
può dire che da quando cominciai la collaborazione con il maestro,
il nostro lavoro fu principalmente dedito all'illustrazione, alla
pubblicità e alle vignette. E questo, a essere sincero, mi
rattristava un po' in quanto avevo conosciuto e amato l'arte di
Jacovitti attraverso i suoi fumetti. Ma a parte le solite ristampe,
di fumetti neanche l'ombra, tranne una piccola striscia con due
personaggi, che Jacovitti realizzò per una rivista medica, "Medical Tribune" (nell'ultimo periodo non si capisce perché era richiestissimo
nell'ambiente medico): Max e Quinn, le avventure di due microbi (o
batteri, non l'ho mai capito) destinate a un pubblico di bambini. Il
formato che usammo fu quello della striscia giornaliera
all'americana.
L'estate
s'avvicinava e come di consuetudine Franco avrebbe passato i mesi di
luglio e agosto nella sua casa a Forte dei Marmi. Prima d'andarsene,
mi parlò di alcuni progetti a cui avremmo lavorato al suo rientro:
un libro erotico da illustrare, il “Kamasutra Spaziale”, una
probabile storia di Cocco Bill per l'editore Sergio Bonelli, ma
quello più urgente, da realizzare per il suo rientro dalle ferie,
riguardava delle illustrazioni per un libro scritto da suo cognato,
Nino Jodice: “Burle e fatti alla fiorentina”. Naturalmente a me
l'onore di realizzare il tutto: dall'ideazione alle matite fino
all'inchiostrazione. Per fortuna i disegni dovevano essere in bianco
e nero.
Ma
dentro di me c'era il desiderio di disegnare i fumetti del maestro:
volevo disegnare Cocco Bill. Incominciai a parlare a Jacovitti di un
progetto che mi ronzava in mente fin dai primi mesi della nostra
collaborazione: raccontare la storia di Cocco Bill, dalla sua nascita
alla sua infanzia, presentare al pubblico i suoi genitori, il suo
primo amore, il suo incontro con il suo fido cavallo Trottalemme, la
sua passione per la camomilla. Chiesi a Franco un incontro per
discutere del progetto a quattr'occhi e per vedere se potevo contare
su una sua collaborazione. C'incontrammo poco prima della sua
dipartita per il mare. Io ero pronto a dedicare tutto il mio tempo a
questo progetto.
Sette
giorni su sette.
lunedì 2 luglio 2012
Jac e Ned 8° capitolo: 70 volte Jac!
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Ned e Jac brindano!! Un bel bicchierino di sambuca per festeggiare i 70 anni del maestro. |
Il
giorno 23 marzo del 1993 Jacovitti compì 70 anni. Non credetevi
chissà cosa. Franco non era uno da grandi festeggiamenti con torte,
regali ecc... almeno non negli ultimi anni. Preferiva starsene nella
sua casa in via Egidio Albornoz, uscire la mattina presto, farsi la
sua bella passeggiata, rientrare a casa, accendersi un bel sigaro e
mettersi al lavoro. Lavorava davvero tanto, a suo dire, fin quando la
luce glielo permetteva. Il suo tavolo da lavoro era posizionato di
fronte a un grande finestrone, in modo che prendesse tutta la luce
del sole. Ma Franco, da vero genio qual'era, lavorava anche al buio.
Avete capito bene: AL BUIO! Solitamente gli portavo i disegni finiti
nel pomeriggio in un'orario compreso tra le 16:00 e le 18:00. Nei
mesi invernali (soprattutto novembre) come ben sapete la luce solare
ha una durata breve e quindi già verso le 17:00 scendeva il buio.
Beh, quando arrivavo nel suo studio verso quell'ora lo vedevo ancora
lavorare praticamente senza luce, credetemi sulla parola, tanto che
ero costretto a chiedergli di accendere una lampada perché quasi non
vedevo.
Stranezze
e follie di un genio che non finiva mai di stupire.
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Jacovitti con la sua bevanda preferita: sambuca "Molinari". |
Come
dicevo marzo era il mese in cui Franco compiva gli anni e quello del
1993 fu anche quello in cui il suo amico Federico Fellini ritirava il
suo quinto Oscar alla carriera. Festa grande per l'Italia, che come
disse un noto giornalista, è stata “creata” da tre illustri
personaggi: Alberto Sordi, Federico Fellini e Benito Jacovitti,
accumunati tutt'e tre da saper raccontare le assurdità dell'italiano
medio.
Contemporaneamente
stavamo lavorando alle vignette sul tema medico cui vi accennavo
prima. Più o meno ne realizzammo una quarantina, naturalmente parlo
di quelle a cui ho partecipato come inchiostratore. Il modus
operandi era quello descritto nel 5° capitolo, ma questa volta
dovetti anche inchiostrare il lettering, che Franco faceva
sempre da se.
Le
vignette dovevano essere pubblicate su un quotidiano di cui
onestamente non ricordo il nome. Gran parte di esse sarebbero poi
state pubblicate nel 2001 in un volume curato da Vittorio Sgarbi.
Più o meno in quel periodo, se ben ricordo ma potrei sbagliarmi, lavorammo anche a un lavoro per la ditta Fiorucci, famosa per i suoi salumi. Pensateci, come poteva la più importante azienda di salami nostrani farsi scappare i salami di Jacovitti? Quindi pensarono bene di far realizzare a Franco un bel disegno che vedeva protagonisti i suoi arci noti salami, per poi realizzare un telo da mare da regalare ai propri clienti. Qui assunsi il ruolo d'ichiostratore e ricordo che sbavai con l'inchiostro di china lasciando una bella macchia sul disegno. In simili casi avrei optato per la lametta (non per tentare il suicidio, tranquilli), utilissima a grattare il foglio e a cancellare ma la macchia era troppo grossa e la carta Fabriano F2 non si prestava bene a tale soluzione. Quindi fui costretto a coprire la macchia con della tempera bianca. Per fortuna il disegno non era destinato né a passaggi di mezza tinta né a quelli di colore.
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Omaggio a Federico Fellini in occasione del suo quinto Oscar, quello alla carriera assegnatogli nel 1993. |
Più o meno in quel periodo, se ben ricordo ma potrei sbagliarmi, lavorammo anche a un lavoro per la ditta Fiorucci, famosa per i suoi salumi. Pensateci, come poteva la più importante azienda di salami nostrani farsi scappare i salami di Jacovitti? Quindi pensarono bene di far realizzare a Franco un bel disegno che vedeva protagonisti i suoi arci noti salami, per poi realizzare un telo da mare da regalare ai propri clienti. Qui assunsi il ruolo d'ichiostratore e ricordo che sbavai con l'inchiostro di china lasciando una bella macchia sul disegno. In simili casi avrei optato per la lametta (non per tentare il suicidio, tranquilli), utilissima a grattare il foglio e a cancellare ma la macchia era troppo grossa e la carta Fabriano F2 non si prestava bene a tale soluzione. Quindi fui costretto a coprire la macchia con della tempera bianca. Per fortuna il disegno non era destinato né a passaggi di mezza tinta né a quelli di colore.
Ma
torniamo al compleanno di Jacovitti. Quest'ultimo coincise con la
venuta della mia mia famiglia a Roma.
La
mattina del suo compleanno ci incontrammo nel suo studio dove, oltre
a portargli i lavori appena fatti, gli donai il mio personale regalo:
una bottiglia di sambuca con l'etichetta di Cocco Bill disegnata dal
sottoscritto. Lo gradì immediatamente e brindammo ai suoi 70 anni
con un bel bicchierino a testa. Franco adorava la sambuca. Tenne la
mia bottiglia per tutto il tempo della nostra collaborazione in bella
evidenza tra gli scaffali della sua libreria e ogni tanto si
concedeva un biccherino (ricordo a tutti che Franco era diabetico).
Quella sera stessa ritornai da lui con i miei genitori. Ricordo quando eravamo tutti (oltre a Jacovitti e il sottoscritto anche mia madre, mio padre e Lilli, la moglie del maestro) nel soggiorno di Jacovitti e tra una chiacchiera e l'altra mia madre pose una domanda a Franco: “Signor Jacovitti, posso chiederle come va Nedeljko?”; del resto avevo solo 18 anni e mia madre si compartava da mamma, ovviamente.
Quella sera stessa ritornai da lui con i miei genitori. Ricordo quando eravamo tutti (oltre a Jacovitti e il sottoscritto anche mia madre, mio padre e Lilli, la moglie del maestro) nel soggiorno di Jacovitti e tra una chiacchiera e l'altra mia madre pose una domanda a Franco: “Signor Jacovitti, posso chiederle come va Nedeljko?”; del resto avevo solo 18 anni e mia madre si compartava da mamma, ovviamente.
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