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Uno smorfioso Jacovitti con mio fratello Pier Andrea nel 1993. Jac era solito fare smorfie e gestacci quando provavo a fotografarlo. |
Quando
un grande artista lascia questo mondo, viene sempre da porsi una
domanda: chi sarà il suo erede? Chi raccoglierà il testimone per
portarne avanti l'opera?
In
realtà la domanda corretta da porsi è la seguente: si può
davvero continuare l'opera di un grande maestro? Entrare nel suo
mondo, farlo suo, immedesimarsi totalmente nel suo genio con la
consapevolezza di non esserne alla pari? La risposta non può che
essere negativa.
Non
si possono rifare i grandi maestri. Pensiamoci un attimo e torniamo
indietro fino agli albori dei comics: Krazy Kat di Herriman,
Pogo di Kelly, i Peanuts di Schulz, Corto
Maltese di Pratt, Calvin e Hobbes di Watterson,
Valentina di Crepax, Zanardi di Pazienza,
Il commissario Spada di De luca. Tutti artisti geniali
che avevano una cosa in comune: la non imitabilità.
È
inutile, per quanto bravo possa essere un artista, Valentina
apparteneva a Crepax così come Krazy Kat non poteva
che essere disegnata da Herriman.
Ed
è ovvio intuire che un personaggio come Cocco Bill non
poteva che essere realizzato solo da Jacovitti.
Dopo
la sua morte l'eredità artistica passò nelle mani di Luca
Salvagno. Luca aveva un'esperienza artistica maggiore
della mia (essendo più grande di tredici anni) ma non nello stile di
Jacovitti, visto che la sua collaborazione con Jac coprì
solo l'ultimo anno e mezzo della vita di Franco, a fronte della mia
collaborazione che vantava un periodo di quasi cinque anni.
In
questi cinque anni, in più di un'occasione, Franco mi citò come suo
erede.
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Uno stralcio dell'intervista di E. Colabelli a Jacovitti (fonte: Jacovitti Magazine n. 3, settembre 1994) |
In
primis sullo Jacovitti magazine n. 3 del settembre
1994. In un'intervista a Jacovitti realizzata da
Edgardo Colabelli nel luglio dello stesso anno, alla domanda
“Tra i tanti giovani disegnatori italiani chi consideri il tuo
erede e chi, nonostante abbia stile diverso dal tuo, merita
attenzione?” Jacovitti rispose “Cavazzano,
l'autore della storia sul Giornalino che mi vede addirittura
protagonista, come sono bravi tanti altri che lavorano su Topolino e
com'è grande Foratini nella satira politica, ma ho trovato adesso un
giovane che si chiama Nedeljko Bajalica, e speriamo che lui sia il
mio erede.”
Nel
frattempo erano passati due anni dalla nostra collaborazione e
nell'ambiente si sapeva che un giovane di nome Nedeljko
Bajalica inchiostrava i disegni di Jacovitti. A
volte succedeva addirittura di firmarli insieme, come nel caso della
copertina per la fanzine Cronaca di Topolinia (n. 2
gennaio 1994).
Il
due febbraio del 1995 il Corriere della sera dedicò un'intervista a
tutta pagina a Jacovitti. Tra le domande poste a Jac dal
giornalista Carlo Galeotti vi era anche questa: “Hai dei
“discepoli”?” Jac rispose: “Si, un
ragazzo di vent'anni che mi sembra proprio bravo. È figlio di un
immigrato dalla Russia e vive in Puglia. Si chiama Nedeljko Balaica”.
A parte qualche inesattezza sulla mia famiglia (mio padre è serbo
non russo) e il cognome scritto alla buona il senso direi che è
chiaro.
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Intervista a Jacovitti: ho evidenziato in rosso il pezzo in cui Jac parla di me. (fonte: corriere della sera? rubrica "Non solo Libri" del 2 febbraio 1995) |
Anche
sulla Nazione di Firenze, in un'intervista rilasciata da Jacovitti a Leonardo Gori alla domanda del giornalista se fra gli autori di fumetti
odierni ci fosse qualcuno che il maestro considerasse suo erede
ideale, Jac rispose: “... Cavazzano è
bravissimo: visto che è molto più giovane di me penso che sarà lui
a seguire la mia strada. Poi c'è un ragazzo, Nedeljko Balaika,
figlio di ex esuli russi, che lavora con me. Per ora ripassa solo i
miei disegni, ma è in grado di fare anche delle storie autonome. Sta
realizzando, tutto da solo, una storia di Cocco Bill, dal titolo
Little Cocco, che racconterà l'infanzia del personaggio...”.
A parte insistere sul fatto di essere figlio di esuli russi (ripeto,
mio padre è serbo e mia madre italiana) e di sbagliare il cognome,
direi che anche qui il maestro fu assolutamente chiaro.
Nel
frattempo uscì il mio primo fumetto, RAP (1996). Fu
presentato dallo stesso Jacovitti in una serata al
ristorante romano Villa dei Cesari, dove Franco davanti al
pubblico dello Jacovitti Club, mi presentò come suo
collaboratore e realizzatore del fumetto RAP.
In
qualità di collaboratore di Jac e realizzatore con lui del
fumetto RAP, mi aspettavo il premio Lisca di Pesce
(visto che la precedente edizione non lo ottenni in quanto mi fu
detto che il premio, indetto dallo Jacovitti Club, non poteva
essermi assegnato perché ero privo di una mia pubblicazione.) Ma,
come disse Edgardo Colabelli, direttore editoriale dello
Jacovitti Club, “non appena pubblicherai ti verrà
assegnato sicuramente!”.
Ebbene,
RAP uscì per Expocartoon 1996, firmato da Jacovitti
e il sottoscritto, ma del premio Lisca di Pesce d'argento (la
Lisca d'oro premiava i big mentre quella d'argento le giovani
promesse) neanche l'ombra. Ma credetemi, non era questo il problema,
quanto l'essere preso in giro da persone a cui volevo davvero bene
(non parlo di Jac che di queste cose, per fortuna, non
ne voleva sapere).
Come
potete vedere, nonostante le varie affermazioni scritte e orali di
Jacovitti, l'eredità non fu certo raccolta da me. Dopo
cinque anni di fedele collaborazione, fu preferito un altro artista.
Niente da dire sulle sue doti artistiche, ci mancherebbe.
Negli
anni ho provato molta rabbia, ma solo oggi ho capito che se avessi
raccolto il testimone di Franco e avessi continuato i
suoi personaggi, sarei diventato solo un suo clone. Niente di più .
Staccarmi da Jac mi diede la possibilità di trovare la
mia strada.
Ma
non preoccupatevi. Io mi sento in tutto e per tutto erede di
Jacovitti. Perché ho imparato la sua lezione: non
fare quello che ha fatto lui... Ma fare come ha fatto lui.
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A destra: Jacovitti in posa nel suo studio davanti alla mia macchinetta fotografica. A sinistra: il giovane Ned a Expocartoon '94, ripreso dal sempre attento obbiettivo di G. Boschetti. |
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