Prologo
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Il salone dei comics di Lucca, nel 1990. |
Il 1990 fu l'anno in cui
l'Italia ospitò i mondiali di calcio. Fu anche l'anno in cui la
Microsoft lanciava il suo rivoluzionario sistema Windows
3.0 e l'anno in cui Giuseppe Tornatore vinse l'Oscar per
il miglior film straniero. Ma ad essere sincero questi avvenimenti
non mi sono rimasti impressi, tant'è che ho spulciato la nota
enciclopedia libera per rinvenirli nella mia memoria.
Ma di quell'anno due cose
mi sono sempre rimaste impresse: la doppia fila di alberi
all'ingresso di Lucca, con quei tronchi imponenti che sembravano un
perfetto biglietto da visita per una fiera del fumetto, ma,
soprattutto, il giorno in cui alle ore 10:00 mi trovai di fronte
all'uomo che, per quanto aveva disegnato nella sua vita avrebbe ormai
dovuto rasentare la follia e che, invece, non era ancora impazzito:
Magnus.
Premetto che quando andai
a trovare il grande artista, non ero un suo grande fan. Anzi, a
essere sinceri Magnus era uno degli argomenti più
comuni per scatenare una discussione con i miei amici che invece
erano fans accaniti del maestro bolognese (io semper fidelis a
Jacovitti).
Perciò quando dissi a
mio padre di voler conoscere Magnus, credo di averlo
fatto solo perché poi avrei potuto vantarmene con i miei amici.
Ma le cose andarono
diversamente da come me l'ero immaginate: quando uscii dal suo
studio, e solo allora, mi resi conto di essermi completamente
innamorato dei suoi disegni, della sua arte, del suo genio, come
credo accadrà alla maggior parte di persone che leggerà quanto sto
per scrivere.
Bologna, novembre 1990
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La Guardiana del ponte uno dei racconti racchiuso nell'opera Le Femmine Incantate. |
Mio padre era davvero
insuperabile nel riuscire a procurarsi un appuntamento con i grandi
maestri del fumetto. Per Magnus finse al telefono di
essere un padre disperato con un figlio che voleva assolutamente
conoscere il suo idolo. Fece centro. Magnus accettò di
incontrarci nel suo studio la mattina del giorno dopo.
Puntuale peggio di uno
svizzero, mio padre era dietro al cancello del suo studio dieci
minuti prima dell'orario accordato. Alle dieci in punto, vidi un uomo
arrancare su una di quelle salite che portano direttamente ai garage.
Bassino, magro, due baffi ottocenteschi all'ombra di un bel nasone
pronunciato su cui erano poggiati un paio d'occhiali. Non c'erano
dubbi sul fatto che fosse Magnus, troppo simile ai suoi
personaggi da non potersene accorgere. Ci salutò sorridendo e poi ci
guidò verso il suo studio... in un garage sotterraneo.
Rimasi stupito, devo
ammetterlo; ero convinto che autori di grido come lui possedessero
degli studi pari al peso della fama che li contraddistingueva.
Invece, ad essere sincero, posso dire che i grandi artisti che ho
conosciuto lavoravano in studi abbastanza arrangiati.
Appena entrato in quello
di Magnus rimasi colpito da due cose: un calice di
vetro che conteneva inchiostro di china e una sfilza di pacchi di
sigarette senza filtro poggiate su una vecchia radio, subito dopo
l'entrata, come se fossero una serie di qualche romanzo o fumetto.
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Magnus davanti al suo tavolo da lavoro. Da notare il calice pieno d'inchiostro di china e la tavola appena terminata de La Guardiana del Ponte. |
Ma Magnus
aveva pensato anche a questo; le tavole a cui lavorava erano ben
protette da uno di quei fogli trasparenti rigidi, tipo quelli dei
book da disegno.
All'interno di questi
fogli protettivi c'era, in quel momento, una delle tavole tratta
dalla storia La guardiana del ponte che insieme ad
altre sei storie avrebbero composto l'ultima sua fatica, Le
femmine incantate che Magnus stava appunto
ultimando.
Appena si sedette sulla
sua postazione, si accese una delle sue sigarette senza filtro e ci
raccontò di come stava per mandare a rotoli tutto il lavoro fatto
proprio su quella tavola. Magnus in alcuni casi usava
dei retini adesivi per gli sfondi delle sue vignette. In quella
particolare tavola usò uno di quei retini con effetto sfumatura, per
ottenere uno sfondo alla Dino Battaglia.
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Il grande Magnus, all'anagrafe Roberto Raviola. |
Raccontava Magnus:
“Vado a togliere il retino e stava per venir via tutta
l'inchiostrazione. A quel punto, preso dal nervosismo, stavo per
strappare tutta la tavola ma all'ultimo mi son detto “calma
Roberto, calma!! e sono riuscito a recuperarla.”
Magnus era
un personaggio che ti metteva di buon umore. Sempre allegro, molto
disponibile, con quei baffoni che accompagnavano la risata. Si mise
subito all'opera realizzando un disegno su un supporto sagomato a
forma di orologio che mio padre era sovente dare agli artisti.
L'intento era avere una piccola collezione di orologi con su un loro
disegno originale.
Dato che il supporto era
un cartoncino plastificato, Magnus realizzò il disegno
a matita dapprima su un semplice foglio di carta A4 per poi
capovolgerlo e riversarlo sul cartoncino plastificato più o meno con
il metodo che usavamo a scuola per realizzare la carta copiativa.
Dopo di che, armato di un pennarello Staedtler nero a punta media,
inchiostrò e rifinì il disegno che raffigurava uno dei suoi
personaggi più noti, Necron, fumetto di culto
dell'autore bolognese riservato a un pubblico adulto.
Quel giorno con lui
chiacchierammo di fumetti in genere; ci parlò della sua grande
ammirazione per autori come Alex Raymond (ammettendo il suo
debito verso il cartoonist americano nella realizzazione della sua
saga fantascientifica I Briganti), Hal Foster,
J. L. Salinas e finimmo col parlare di Tex, poiché
ormai era noto il suo lavoro per un Texone che sarebbe
dovuto uscire dopo quello realizzato da Victor de la Fuente ma
che avrebbe invece visto la luce, purtroppo, come opera postuma solo
nel 1996.
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L'artista a lavoro su un disegno. Vederlo lavorare fu davvero emozionante. |
Ci parlò della sua
grande ammirazione per Galep, si meravigliava delle soluzioni
che il mitico creatore del ranger più famoso d'Italia riusciva a
trovare e mentre parlava tirò fuori il Texone realizzato proprio da
Galep e iniziò a
sfogliarlo per farci capire meglio di cosa parlava. Ricordo che per
tutto quel tempo ero quasi inebriato dalle parole di quest'uomo così
umile e così modesto. Mi colpiva come parlava dei suoi colleghi
senza mai provare alcun tipo d'invidia nei loro confronti: era
affascinato dal loro modo di lavorare, ad esempio parlando di Andrea Pazienza o di Guido Buzzelli ma parlava anche del suo
passato sodalizio con Max Bunker: “Lavoravo giorno e
notte sulle tavole di Kriminal e Satanik e una volta finite mia madre
si metteva in treno e le portava all'editore” raccontava con
una punta di commozione.
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Magnus: genio e ironia. Qui mentre scherza con il sottoscritto. |
Ad un certo punto si
rivolse verso di me e mi chiese: “E allora? Su forza...”
mi prese il braccio e me lo alzò come se avessi vinto qualcosa
d'importante. Credo che quel giorno incominciai a vincere il
pregiudizio verso quegli autori, come Magnus appunto,
ma anche Pazienza e altri che erano talmente rivoluzionari da
non essere capiti da un quindicenne che aveva una concezione e una
conoscenza del fumetto molto più classica.
Venne anche il momento
delle dediche. Mi scrisse una dedica in cirillico (io sono per metà
serbo) su un'edizione di una delle sue opere più belle, Le 110
pillole e ne regalò una versione tascabile in slavo a mio
padre. Prima di congedarci, mi fece vedere alcune tavole di Milady
3000, un suo bel fumetto di fantascienza, su cui aleggiavano
alcune macchie rose come se la tavola avesse il morbillo: “Vedi,
ho usato il pennarello per riempire gli spazi neri e col tempo sono
uscite 'ste macchie rosse. È inutile, non c'è niente di meglio
dell'inchiostro di china.”
Ci accompagnò
all'uscita. Fuori c'era un albero di castagne. Mia madre con i miei
due fratelli minori ne raccolse qualcuna, chissà forse come ricordo.
Fatto sta che il minore dei miei fratelli avendo da poco compiuto i
due anni, incominciava a parlare e ogni volta che prendeva la
castagna in mano pronunciava il nome di Magnus. Quelle castagne le
abbiamo tenute per anni e anni fino a quando non andarono perse in
uno dei tanti traslochi, acerrimi nemici delle piccole cose.
Il maestro ci salutò
come se fossimo dei vecchi amici. La sua famiglia in quel frangente
non c'era, era partita in vacanza senza di lui. Ma credo che le sue
vacanze lui preferisse passarle tra fogli, matita e inchiostro. Come
del resto farà fino alla fine.
Epilogo
Tornati a Lecce, mio
padre tirò fuori dalla nostra biblioteca una fedele riproduzione di
un catalogo americano di fine ottocento in cui si vendeva per
corrispondenza qualsiasi genere di mercanzia, dalle stufe a carbone
alle armi, dalle carrozze ai macchinari, dagli orologi alle posate
fino ad arrivare ai vagoni ferroviari. Il tutto illustrato in maniera
minuziosa con una tecnica incisoria tipica dell'ottocento. Una gioia
per gli occhi di qualunque artista che avesse a che fare con il
fumetto western ma soprattutto per uno come Magnus.
Lo fotocopiammo per
intero e lo spedimmo al maestro. Magnus impazzì di
gioia. In quel catalogo c'era tutto quello che un artista come lui
poteva desiderare. Entusiasmo che Magnus
espresse in un'intervista alla rivista Fumetti d'Italia (F.d.I. n.
1, Aprile 1992) in cui parlava di questo catalogo come un dono
divino.
L'anno successivo mi
trasferii a Roma per frequentare la Scuola Internazionale di
Comics. A settembre uscì in edicola il Tex n. 371 la cui
terza di copertina recava la rubrica Foto di famiglia in cui
si parlava dei grandi protagonisti del fumetto italiano. In quel
numero toccò a Magnus.
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Cover dell'albo n. 371 della collana Tex. All'interno una dedica dell'immenso Galep al maestro bolognese, suo grandissimo ammiratore. |
Comprai quel Tex e
il 30 ottobre di quello stesso anno mi recai con la mia famiglia a
Chiavari per incontrare l'idolo della mia infanzia, il mitico Galep.
Gli facemmo vedere il Tex e parlandogli della stima che Magnus
aveva per lui gli chiedemmo di dedicargli proprio quel numero in cui
c'era la sua biografia. “Al bravo collega Magnus con tutta la
mia simpatia.” scrisse Galep. Quando sentimmo Magnus
al telefono andò in visibilio. Purtroppo non ci fu più occasione di
incontrarci, Magnus ed io, e quell'albo è gelosamente
custodito nella mia biblioteca.
Nel novembre del 1996, a
nove mesi dalla morte di Magnus, ero a Roma per
consegnare alcuni disegni a Jacovitti. Amavo girare nelle
librerie della capitale e tutto d'un tratto vidi l'indimenticabile
volto di Magnus nella copertina di un libro edito dalla
casa editrice Punto Zero (Al servizio dell'eroe, settembre 1996).
Presi a sfogliarlo provando una certa commozione, ripensando al quel
bellissimo incontro avvenuto sei anni prima. All'improvviso il mio
occhio cadde su uno dei tanti bozzetti su carta millimetrata
realizzati da Magnus su cui recava una dedica a mio
padre.
Credo sia stato un modo
per dirci che non si era mai dimenticato di noi.
Sono passati ventidue
anni da quell'incontro. Sono cambiate molte cose. Ma la grande,
idescrivibile emozione di quel giorno non cambierà mai.
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Studio per il Texone n. 9 La valle del terrore, dedicato a mio padre Bogdan Bajalica. |
Bellissimo ricordo e fantastico ritratto di Magnus, grazie di averlo condiviso.
RispondiEliminaGrazie a te... Era davvero un grande uomo e un artista geniale...
EliminaCoinvolgente e commovente!
RispondiEliminaGrazie mille Franco... In effetti rimpiango molto di averlo incontrato solo una volta... era un uomo simpaticissimo...:)
Eliminaè anche per questi magnifici diari di ricordi che adoro il tuo blog!
RispondiEliminaGrazie... forte il post sul Vic 20:)... che anni ragazzi...
Eliminache bellissimo post!
RispondiEliminaGrazie Massy:)
EliminaUn bellissimo post relativo ad un disegnatore che ho sempre amato!
RispondiEliminaGrazie.
Baggio.
Grazie a te di averlo letto:)
RispondiEliminaA presto!
che emozione questo post ,davvero un bel ricordo di un GENIO SEMPLICE.
RispondiEliminaGrazie Simone... era davvero un uomo semplice e molto umile...
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