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Paul Gravett |
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Cover dell'edizione italiana. |
È un buon volume questo
1001 fumetti da leggere prima di morire. È curato da
un bravo critico, Paul Gravet, che a sua volta si è avvalso
di numerosi collaboratori sparsi qua e là per il mondo.
In poche parole il libro
consiglia i 1001 fumetti da leggere partendo dal proto fumetto di
Topfer per arrivare alle opere più recenti di qualche anno
fa, cercando di racchiudere nella cerchia tutti quei paesi che hanno
dato origine ad opere importanti e influenti. Un compito non facile;
d'altra parte se il compianto Franco Fossati fu costretto a
“comprimere” i migliori fumetti in soli cento personaggi (non
dimentichiamoci che correva l'anno 1978 e il fumetto manga era
praticamente sconosciuto), Gravet ha dovuto per forza
ricorrere a una cifra a tre zeri sia per il naturale passare del
tempo e sia per l'ingente produzione giapponese che ha invaso
l'Europa (e comunque una cifra considerevole per racchiudere un
secolo e più di comics).
Gravet è chiaro
fin dall'inizio: “Questa non è una storia del fumetto, né
troverete tutti i vostri eroi preferiti!”. Giustissima
precisazione; quando si stilano simili elenchi si devono tener in
considerazione vari fattori: l'importanza dell'opera scelta nel suo
contesto storico, la sua longevità nel corso degli anni, il suo
impatto culturale, la rilevanza dei suoi autori e, perché no, anche
il proprio gusto personale, di critico e cultore del fumetto.
Voglio precisare che le
mie successive considerazioni su questa opera restano sempre e solo
opinioni del tutto personali e che, al di là di tutto, ritengo
questo volume uno strumento interessante per tutti coloro che
conoscono il mondo dei comics o che solo vi si accostano per la prima
volta.
Facendo un calcolo
manuale (e vi dico subito che la mia conta può non essere priva
d'errori) i fumetti scelti da Gravet e collaboratori sono
numericamente divisi nella seguente tabella, in base al paese
d'origine degli artisti:
Usa
|
346
|
Giappone
|
149
|
Francia
|
115
|
Gran Bretagna
|
107
|
Italia
|
58
|
Belgio
|
47
|
Canada
|
24
|
Spagna
|
19
|
Germania
|
15
|
Argentina
|
12
|
Corea (nord e sud)
|
12
|
Olanda
|
8
|
Svezia
|
8
|
Mexico
|
7
|
Brasile
|
6
|
Finlandia
|
6
|
Svizzera
|
5
|
Cina
|
5
|
Ex Jugoslavia
|
5
|
Australia
|
4
|
Danimarca
|
4
|
India
|
4
|
Norvegia
|
3
|
Polonia
|
3
|
Nuova Zelanda
|
2
|
Iran
|
2
|
Africa
|
2
|
Malesia
|
1
|
Algeria
|
1
|
Grecia
|
1
|
Indonesia
|
1
|
Filippine
|
1
|
Repubblica Ceca
|
1
|
Cuba
|
1
|
Cile
|
1
|
Portogallo
|
1
|
Israele
|
1
|
Egitto
|
1
|
Russia
|
1
|
La situazione è chiara:
gli USA stravincono alla grande su tutti. Pensate se questa
classifica fosse uscita in piena guerra fredda, visto che la presenza
russa è limitata ad una sola opera.
La vera sorpresa è il
manga, visto che la sua diffusione in Giappone iniziò dopo la
seconda guerra mondiale e in Europa e America arrivò non prima
dell'inizio degli anni '90: 149 titoli. Forse un po' troppi, visto
che tra questi ci sono Naruto, Capitan Tsubasa (sono un
grande fan del cartone animato ma il fumetto per me non è da
annoverare in una classifica come questa), ci sono le CLAMP con ben
due opere e anche Fruits Basket (manga a mio parere dalla
trascurabile lettura) laddove invece manca qualsiasi opera di Fuyumi
Sōryō,
una delle artiste più rappresentative del fumetto giapponese. E che
dire di Ayumi
Tachihara
e del suo capolavoro Alid'argento?
Un'opera purtroppo dimenticata dal team di Gravet,
o volutamente esclusa.
Come
dicevo all'inizio le scelte possono essere personali, ma credo che
Ali
d'argento
meritasse un posto, visto che questo onore l'hanno avuto opere come
Death
Note
o Le
bizzarre avventure di Jo-Jo,
opere apprezzabili, per carità, ma credo personalmente che possiamo
lasciare questo mondo senza averle lette.
In
quest'edizione italiana la Francia si becca la medaglia di bronzo;
infatti, è a tutti nota la sua importanza nel fumetto europeo e
non: personaggi come Blueberry,
Asterix,
I
passeggeri del vento
associati ad autori del calibro di Moebius,
Druillet
o Baru
non potevano di certo mancare. Però bisogna anche dire che mancano
autori come Frank
Margerin,
acuto osservatore della gioventù parigina degli anni '70 e '80 con
il suo Lucien,
Copi
(geniale autore che sembra essere stato dimenticato), e soprattutto
il grandissimo Gérard
Lauzier.
Ma anche Tibet
creatore
di Ric
Hochet
e il duo Cothias
e
Juillard
(presenti con opere diverse ma non con il loro capolavoro Le
sette vite dello sparviero).
Ed è molto strana anche l'esclusione di Caza,
uno degli autori più significativi del ventennio '70 e '80 e Robert
Gigi e
il suo Ugaki.
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Grandi esclusi: Gérard Lauzier, Ayumi Tachihara e Philippe Caza. |
Di
certo, è sacrosanto inserire Asterix in una simile
classifica, ma personalmente quattro avventure del simpatico eroe
gallico mi sembrano eccessive, se non altro per il fatto che tolgono
spazio a uno dei meritevoli autori prima citati.
Con
tutto il rispetto devo dire anche che mi ha stupito l'assenza, in
questo valido libro, di diversi grandi autori. Uno su tutti? Horacio
Altuna: il
suo bellissimo Chances
secondo me doveva essere incluso, per non parlare dell'esilarante
Loco
Chávez disegnato
su testi di Carlos Trillo altro grande autore escluso.
Ma l'Argentina meritava anche la presenza della coppia Robin
Wood e
Domingo Mandrafina
e del loro capolavoro
Savarese
e soprattutto quella di Jorge
Zaffino disegnatore
dal tratto micidiale. Così come la Spagna avrebbe, secondo me,
dovuto vantare la presenza di autori come Vicente Segrelles,
Manfred
Sommer,
Antonio
Hernandez Palacios,
Alfonso
Font,
Fernando
Fernandez
(autore di una delle versioni a fumetti più belle di Dracula) e Paco Roca.
Stessa cosa potrei dire dell'esclusione di Brian the Brain
di
Miguel Angel Martin,
uno dei migliori fumetti degli ultimi vent'anni.
Il
Canada è stato incluso 24 volte in quest'elenco; non male ma peccato
aver tralasciato un autore importante e di culto come Rand Holmes
e le sue storie underground.
Contrariamente
c'è da dire che diversi autori ricorrono più volte. L'autore più
citato in questo libro è Alan Moore; dopo il successo degli
ultimi anni a me sembra che lo sceneggiatore inglese debba essere
primo in tutto e che il suo Watchmen debba essere per forza il
“Quarto Potere” del fumetto. Che Watchman, V forVendetta, Batman: The Killing Joke e Swamp Thing
siano opere degne di tale classifica, nessuno lo mette in dubbio;
però è anche vero che Top Ten, Lost Girls, Promethea,
potevano essere sacrificate per dare spazio ad altri protagonisti del
fumetto mondiale molto importanti. Idem per Hergè e le sue
cinque avventure di Tin Tin. Sia chiaro, se un autore ha
realizzato più di un'opera importante e degna di nota è doveroso
ripeterlo. Nel caso di Tin Tin direi che un paio d'avventure
potevano bastare. Altrimenti perché non dare la stessa sorte a un
altro caposaldo del fumetto franco-belga come Lucky Luke
presente una sola volta?
Ma
ripeto sono solo osservazioni personali che mi sarei posto
realizzando un volume così importante.
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Chances di Horacio Altuna uno dei più grandi autori del fumetto incredibilmente escluso dal volume. |
L'edizione
di 1001 fumetti da leggere prima di morire edita in
Italia è stata curata da due illustri critici come Loris
Cantarelli e Matteo Stefanelli. Spiega quest'ultimo, nella
sua nota all'edizione italiana: “Nella storia del fumetto l'Italia
ha giocato, e continua a giocare, un ruolo di primo piano [...] Lo
spazio dedicato alle opere e agli autori italiani non poteva che
essere ampio e significativo.”
Perfettamente
d'accordo con le parole di Stefanelli. Il fatto è, però, che
nell'edizione originale del volume l'Italia si posiziona dopo gli
Usa, il Giappone, la Francia, la Gran Bretagna e anche il Belgio,
mentre nell'edizione italiana si colloca prima del Belgio.
E
ora vi prego di non stupirvi se vi dico che l'Italia in questa
classifica meritava addirittura un terzo posto, insieme alla Francia
e un testa a testa col Giappone.
Il
nostro paese allo stato attuale è quello che è: politicamente
disastrato e pieno di cose che non vanno. Ma se c'è una cosa che
abbiamo sempre avuto e di cui non possiamo lamentarci questa è
proprio l'arte, in tutte le sue forme: sono nostri i più grandi geni
della pittura e della scultura; nel cinema siamo stati capaci di
reinventare i generi americani e nel fumetto non siamo stati da meno:
almeno fino all'inizio degli anni '90 abbiamo avuto davvero il meglio
degli autori su scala mondiale.
L'Italia
è presente in classifica con 58 opere di cui la maggior parte prima
degli anni '90. Il decennio dei '90 è rappresentato da quattro
autori: Vittorio Giardino con Jonas Fink, Francesca
Ghermandi con Pasticca, Lorenzo Mattotti con Fuochi
e Leo Ortolani con Rat-Man. Mentre il nuovo millennio è
rappresentato da Igort e il suo 5 è il numero perfetto,
Alessandro Barbucci
e Barbara Canepa con ben due opere: W.i.t.c.h e Sky
Doll, Davide Toffolo e la sua biografia di Carnera,
Gipi con Appunti per una storia di guerra, Gabriella
Giandelli con Interiorae, Marco Corona con l'opera
Riflessi, BDN di Andrea Bruno e Manuele Fior
con Cinquemila chilometri al secondo. Illustri assenti del
nuovo millennio: Sebastiano Vilella e il suo capolavoro
Interno metafisico con biscotti una delle storie più
originali sotto il profilo artistico e narrativo, degli ultimi anni,
Tu che m'hai preso il cuor di Luca Vannini, vero e
proprio cult del fumetto indipendente che non ha nulla da invidiare
alle produzioni indipendenti americane o francofone e lo splendido
Morti di Sonno di Davide Reviati. Ma bisogna anche dire
che scegliere le opere italiane che rappresentano il nuovo millennio
è un rischio bello e buono da prendersi, vista soprattutto la
recente pubblicazione di queste opere. In merito agli anni '90 credo
che Onofrio Catacchio e il suo Stella Rossa avrebbe
meritato l'inclusione nell'elenco, se non altro perché l'autore (al
tempo ventiquattrenne) fu tra i primi a intuire le potenzialità del
fumetto giapponese, soprattutto quello robotico, realizzando un
fumetto dall'ottimo impianto artistico e narrativo, un piccolo
gioiello che testimonia la creatività degli autori italiani in quel
periodo. Francesca Ghermandi è indubbiamente un'artista
talentuosa ma, mi chiedo, davvero meritevole d'essere inserita tra i
migliori fumetti italiani? Mancano Anna Brandoli, disegnatrice
dotata di un grande talento e Cinzia Ghigliano, creatrice
della bella Solange.
Milo
Manara è
presente per ben tre volte, se si considera che Tutto ricominciò con un'estate Indiana
scritta da Pratt è tutt'oggi la sua opera migliore; HP
e Giuseppe Bergman,
fumetto con pretese intellettuali di troppo e Il
gioco,
storiella erotica baciata da un successo esagerato, non possono certo
essere annoverate tra le opere migliori del fumetto italiano solo
perché hanno avuto grande successo internazionale. Non
si può includere Manara
tre volte e solo una volta Berardi e Milazzo,
Jacovitti,
Pazienza,
Giardino
e... Dino Battaglia.
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Maurizio Bovarini artista dall'incredibile talento ha lasciato al fumetto delle opere dotate di grande personalità. |
Se
Alan Moore è presente 12 volte, Jack Kirby (con tutti
gli onori al Re) 11 volte, Osamu Tezuka 9 volte, Frank
Miller 7 volte e addirittura André Franquin 4 volte ed
Eddie Campbell 3 volte, allora un autore per molti aspetti
unico come Battaglia non può e non deve essere rappresentato
da un'unica opera, Totentaz, tralasciando capolavori assoluti
come La Mummia, Il Golem, I racconti di Maupassant
e Moby Dick. Quello che ha fatto Battaglia nel fumetto
ha tutt'oggi dell'incredibile. Nessun altro ha saputo creare
atmosfere come quelle dell'artista veneziano e sono pochissimi gli
artisti, francesi, americani o giapponesi che siano, che possono
avvicinarsi all'immenso talento di Dino Battaglia.
Stesso
discorso vale per Gianni De Luca; va bene il Commissario
Spada ma gli adattamenti di Shakespeare (citarli
all'interno della scheda del commissario Spada non basta...) e
l'ambizioso e originalissimo Paulus non valevano un posto
d'onore? Un autore che ha largamente anticipato artisti come Frank
Miller o Dave McKean nella costruzione della tavola
meritava secondo me qualcosina di più; sicuramente più di Milo
Manara.
E
Jacovitti? Non sono di parte credetemi, ma quello che Carl
Barks (presente tre volte) definì il più grande disegnatore
europeo, colui che ha creato un universo talmente vasto che risulta
impossibile catalogarlo, non può essere ridotto a una semplice
storia Ugh-Ugh Cocco Bill.
Passando
agli esclusi, la cosa davvero incredibile è la totale assenza di un
artista come Gino D'Antonio.
Aveva
ragione Sergio
Bonelli,
a proposito dei grandi autori dimenticati, quando mi disse: “Gino
D’Antonio è morto da tre anni e nessuno se ne ricorda più. La
nostra categoria non lascia impronte così pesanti da essere
ricordati”. E queste raccolte divulgative sul fumetto dovrebbero
servire anche a questo: far conoscere o far riscoprire autori che
spesso vengono dimenticati ma che hanno dato al fumetto un contributo
dal valore inestimabile.
D'Antonio
è stato un autore completo tra i più grandi al mondo; è stato
capace di scrivere la Storia del west, raccontando la
frontiera in un'opera monumentale e come nessun americano è mai
stato capace di fare; ha realizzato il più bel fumetto di guerra
italiano, L'uomo di Iwo Jima (si legge in venti minuti e si
ricorda per sempre); ha creato una serie di personaggi e storie
memorabili ed era un artista dotato di un talento formidabile, capace
di disegnare sequenze d'azione degne di un grande film. Credo che un
simile artista avrebbe meritato il biglietto d'entrata nella lista
dei 1001. E non solo una volta.
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La grande arte di Gino D'Antonio personalità fra le più importanti del fumetto italiano. |
Sul
versante umoristico, LucianoBottaro
è presente due volte insieme ad Altan
e alla coppia artistica formata da Alessandro
Barbucci e
Barbara
Canepa;
in merito a quest'ultimi la doppia citazione mi sembra esagerata
tenendo conto che Jacovitti
è
presente solo una volta mentre Landolfi
è il grande assente insieme ad Alberto Fremura
e Giorgio
Rebuffi.
E ignorato del tutto anche Giorgio Cavazzano:
al di là della sua attività Disney
l'artista meritava l'inclusione almeno per il bellissimo Altai
& Jonson (in
coppia con TizianoSclavi).
Giustissima
l'inclusione di Grazia Nidasio, che è stata inclusa
nonostante fosse un'autrice poco conosciuta all'estero. Ma la stessa
sorte avrebbe potuto toccare ad un autore di culto come Roberto
Bonadimani e i suoi fumetti di fantascienza e l'ingiustamente
dimenticato Maurizio Bovarini, artista dallo stile
personalissimo.
Giustamente
viene incluso 4 volte Magnus; il maestro bolognese è un fuoriclasse
puro che ha esplorato il fumetto in tutti i suoi generi e con
assoluta personalità. E sacrosante sono le due inclusioni di
Micheluzzi (ne avrebbe meritate almeno un altro paio). E se Alan
Moore è citato 12 volte allora lo stesso onore credo che dovesse
spettare a Hugo Pratt (citato
4 volte); eppure sono convinto che Anna nella giungla,
Wheeling, Gli scorpioni del deserto e almeno un altro
paio di Corto Maltese (La casa d'orata di Samarcanda e
Favola di Venezia) avrebbero degnamente completato la carriera
artistica di uno dei più grandi autori del ventesimo secolo.
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Nessun autore ha saputo ricreare le atmosfere come Dino Battaglia, uno dei più grandi autori del XX secolo. |
Una
cosa che mi ha lasciato un po' perplesso sono le schede dedicate ai
bonelliani; assolutamente d'accordo con le scelte di Tex,
Zagor, Martin Mystere e Dylan Dog; ma se per i
primi due sono state scelte delle storie in particolare, per gli
altri non sono state indicate, preferendo restare sul generico.
Il
podio spetta agli USA; vista e considerata la vasta produzione di
fumetti fin dall'inizio del ventesimo secolo, gli americani hanno
praticamente sfornato, nei soli primi quarant'anni, una serie di
personaggi e artisti che hanno davvero scritto la storia dei comics.
Ma anche qui ho notato assenti eccellenti: per esempio Will Gould
autore di Red Barry capolavoro del fumetto anni '30. Manca
John Cullen Murphy e il suo splendido Big Ben Bolt;
autori un po' dimenticati che andrebbero rivalutati in virtù delle
loro qualità artistiche. Due dei più grandi autori di tutta la
storia del fumetto, Al Capp e E. C. Segar sono presenti
con le loro opere più famose, rispettivamente Li'l Abner e
Braccio di ferro, ma per autori di suddetto calibro forse si
poteva aggiungere qualcosina in più; Al Capp fu sceneggiatore
anche del bellissimo Abbie an' Slats (disegnato con grande
stile da Raeburn Van Buren) mentre Segar, oltre al
marinaio più famoso del mondo, creò Sappo, un piccolo
capolavoro di comicità. E restando sempre in tema di comicità anche
la bellissima strip comica di genere western, Colt, disegnata
dal Tom K. Ryan meritava un'inclusione. Mancano anche Scott
Morse e il suo Soul Wind, manca un'opera imprescindibile
come Ronin di Frank Miller (Sin City e 300,
nonostante il successo mondiale potevano essere sacrificati
tranquillamente), Men of Steel di John Byene (non è
facile fare un capolavoro con un personaggio come Superman) e
mancano anche le Tijuana Bibles, che per quanto rozze
trasgredivano in un periodo in cui era impensabile farlo.
Mi
spiace poi, enormemente, per l'esclusione dello Zorro di Alex
Toth; certo si tratta solo di un adattamento dell'omonima serie
tv con Guy Williams, ma rimane troppo importante e troppo
imitato per essere escluso.
Mi
fermo qui: ovviamente tutto ciò riguarda l'edizione italiana, non
essendo a conoscenza di quali titoli siano stati scartati da
Stefanelli e Cantarelli per dare più spazio al fumetto
made in Italy, che comunque vanta esclusioni importanti.
Al
di là delle mie personali osservazioni, Paul Gravet ha
dimostrato coraggio nel gestire un'opera così complessa e
soprattutto nel dedicare una buona metà del volume all'ultimo
trentennio (1980-2011) fornendo la sua spiegazione nell'introduzione
ma, forse, anche come una sorta di buon augurio al fumetto: che possa
ancora continuare a regalarci altrettante opere e personaggi
indimenticabili.
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Will Gould e il suo Red Barry; personaggio poco conosciuto in realtà è stato uno dei capolavori assoluti del fumetto americano degli anni '30. |