Prologo
![]() |
Aurelio Galleppini in arte Galep, al suo tavolo di lavoro. Questa foto fu fatta con la sua polaroid. Chiavari, estate 1992. |
Era il 1987 quando ho
scoperto i fumetti. Avevo tredici anni e li ho scoperti con
Jacovitti; è stato (e tutt'ora è) il mio artista preferito, colui
che ho adorato e copiato fino all'esaurimento. Dopo circa quattro
anni di continuo esercizio divenni il suo collaboratore e molte cose
non furono più le stesse. Quando dico molte cose mi riferisco
soprattutto a quei momenti, chiamiamoli 'primordiali', in cui scopri
i fumetti e soprattutto in cui li leggi con occhi diversi; inizi a
essere attratto da alcuni artisti, ne osservi il tratto, il modo che
hanno di disegnare le figure o i paesaggi, cerchi di carpirne lo
stile. Per farla breve mi riferisco a quel momento della vita di
meravigliosa spensieratezza, in cui il tempo era dedicato unicamente
ai propri idoli di carta.
Se Jacovitti ha occupato
gran parte della mia mente, ad occuparne la parte restante sono stati
tutti quegli artisti che pian piano, nel tempo, conoscevo: Raymond,
Schulz, Eisner, Kirby e potrei continuare all'infinito. Ma uno su
tutti mi attirava tantissimo: Aurelio Galleppini, in arte Galep.
Galep era un'autorità
nel fumetto italiano; aveva creato graficamente il nostro personaggio
più famoso, Tex Willer, e quindi era anche l'artista che aveva una
maggiore visibilità in edicola. Ricordo ancora la prima cover di
Galep che vidi: L'aquila e la folgore (Tex n. 207); rimasi
subito colpito da Tex visto di spalle, nella classica posizione del
duello, con un'inquadratura dal basso e con una prospettiva centrale
che faceva intravedere in lontananza l'avversario: bellissima.
Acquistai subito l'albo
(credo fosse una ristampa) e cominciai a sfogliarlo. Prima dei
disegni di Galep c'erano quelli di Fernando Fusco; ma nemmeno li
guardai. Ero attratto dal disegno di Galep, dalla sua pennellata
morbida e dal modo di disegnare i cavalli. E soprattutto dal volto di
Tex Willer, dai lineamenti quasi sensibili, molto simile a eroi come
Gary Cooper o James Stewart.
Da quel giorno passai
interi pomeriggi in una piccola libreria dell'usato a sfogliare tutti
gli albi di Tex cercando unicamente quelli disegnati da Galep. Da La
Mano Rossa, a Il segno di Cruzado, passando per Sangue
Navaho, le storie con Mefisto ed El Muerto, la mia passione per
Galep fu quasi pari a quella per Jacovitti. Grazie a questo grande
maestro incominciai a copiare il disegno realistico: e fu un
eccellente allenamento per imparare il disegno a fumetti.
Nel 1991 mi iscrissi alla
Scuola Internazionale di Comics. Avevo sedici anni e mi trasferii a
Roma.
Avevo da poco iniziato la
scuola e arrivò la fine ottobre che, per tutti gli amanti di comics,
significa una cosa sola: “Salone di Lucca”. I miei mi avrebbero
raggiunto in camper a Roma e saremmo andati tutti insieme alla più
bella fiera del fumetto (almeno lo era a quei tempi) italiano.
Era il 30 ottobre,
eravamo a Lucca e io contemplavo qualche mio acquisto quando mio
padre mi rivolse più o meno queste parole: “Lo sai con chi hai
appuntamento domani?” e io non risposi perché la domanda mi
sembrò alquanto strana. “Con Galep!” esclamò mio padre
sorridendo. Guardai mia madre per sapere se era vero e la sua
espressione lo confermò.
Ero a Lucca, sfogliavo i
fumetti appena comprati, avevo sedici anni e stavo per incontrare
Galep. Momenti indescrivibili. Almeno per un adolescente.
![]() |
Acquerello dei quattro pards al galoppo.
|
Chiavari 31 ottobre
1991
Quando mi trovai di
fronte al mitico Galep, quella mattina di ottobre, ebbi la stessa
espressione attonita, frastornata, di quando incontrai Jacovitti per
la prima volta. Era davvero incredibile. Ero nello studio di Aurelio
Galleppini, il creatore grafico di Tex. Mi colpì molto il suo studio
perché aveva un elemento in comune con quello di Magnus o di
Jacovitti: la semplicità.
Ed è questo l'aggettivo
con cui potrei descrivere quell'uomo di settantaquattro anni, dal
volto dolce e onesto (proprio come il suo Tex), su cui si disegnava
un sorriso rassicurante: un grande maestro, geniale e allo stesso
tempo umile.
Il suo studio sembrava un
piccolo soggiorno adattato a bottega artistica: un vecchio divano e
uno di quei tavoli tondi con le quattro sedie dove il maestro quel
giorno posò un omaggio da noi donatogli. Lungo le pareti erano
appesi alcuni manifesti e illustrazioni a colori di Tex. In
prossimità della porta d'ingresso vi era un vecchio armadio e poco
più in là una macchina fotocopiatrice. Accanto a quest'ultima un
proiettore e poi, sempre appesi alle pareti, ancora altre
illustrazioni, oltre a una serie di modelli in scala di armi, tutte
da lui stesso minuziosamente ricostruite.
E poi il pezzo forte del
suo studio, naturalmente: la sua postazione da lavoro. Un tavolo da
disegno con, sulla destra di chi vi lavorava, una sorta di leggìo di
cui Galep si serviva per sorreggere foto o materiale
documentaristico, e a sinistra un piccolo televisore con
videoregistratore che l'artista usava sempre a scopo documentaristico
per il suo lavoro su Tex. E poi tutta una serie di pennelli (Windsor
& Newton) e inchiostri di china fondamentali per la resa finale
delle sue tavole.
Con mio stupore vidi due
illustrazioni di Tex in grande formato che coprivano gran parte della
superficie del tavolo. Appena accolti nel suo studio, Galep si
sedette davanti al suo tavolo e pronuncio più o meno queste parole:
“Sapendo del vostro arrivo, mi sono permesso di fare questi
due disegni per Nedeljko...”. E credetemi potrei non
aggiungere altro. Rendiamoci conto di una cosa: quest'uomo si era
messo la sera prima (o forse si era alzato di buon'ora la mattina
stessa) a realizzare due disegni per un suo fan, non uno, due, di
grande formato, prima a matita e poi inchiostrati. E credetemi, mi
viene da ridere quando oggi alle fiere ci sono autori che fanno
addirittura pagare i loro stessi fan per un disegno.
Galep mentre autografa uno dei due
disegni regalatimi; ambedue le opere furono incorniciate con un
passepartout ricavato da alcuni albi di Tex (foto a destra). Non me
ne sono mai separato e tutt'oggi adornano la mia casa. Chiavari, 1991.
Quella mattinata fu un
caleidoscopio d'emozioni, una dietro l'altra. Galep fu di una
disponibilità davvero disarmante; mi autografò i miei libri
cartonati di Tex e notando che me ne mancava uno (Tex e gli indiani)
mi domandò: “Ma questo non ce
l'hai?” E senza darmi il tempo di rispondere s'era già
chinato e mi aveva preso una copia del libro che sembrava appena
uscita dalla tipografia. Mi autografò il suo bellissimo libro
autobiografico L'arte dell'avventura (splendido
volume in cui Galep narra la sua vita professionale; un libro da
avere assolutamente) e iniziammo a parlare di fumetti (com'era
ovvio). L'argomento andò sul Texone che in quel momento era uno
degli eventi più attesi dell'estate, soprattuto per la vasta gamma
di super star del fumetto che era stata chiamata a collaborare:
Victor de la Fuente, Josè Ortiz e soprattutto il grande Magnus.
L'anno prima era uscito il Texone di Galep, Il segno del serpente
(Speciale n. 3), mentre di qualche mese prima era l'uscita di quello
realizzato da Sergio Zaniboni (Speciale n. 4), Piombo rovente.
Proprio sfogliando quello di Zaniboni, Galep lamentò una certa
piattezza nel disegno, spiegandomi come per lui era fondamentale dare
volume alle figure e soprattutto cercare di creare una certa
profondità di campo. E a proposito di profondità, prese il Texone
realizzato da Alberto Giolitti (Speciale n. 2) Terra senza legge
e mi fece notare come l'artista romano eccedesse nei dettagli in ogni
singola vignetta tanto che a volte risultava confusa: “Questo”
disse parlando di Giolitti
“è un disegnatore formidabile, bravissimo, però
spesso quando osservo la sua tavola la trovo molto confusa!”.
Non credo amasse
particolarmente le nuove leve artistiche. Ad un tratto si alzò e
prese un libro dalla sua libreria. Era un volume di Flash Gordon di
Alex Raymond: “Questi si che erano disegnatori. Guarda che
meraviglia...” esclamava
Galep sfogliando le tavole raymondiane. E l'amore per il cartoonist
americano si vedeva tutto nello stile di Galep. Ho sempre sostenuto
che il maestro Galeppini non si è solo limitato a imitare lo stile
di Raymond, come la maggior parte degli artisti del periodo del
dopoguerra. Acquisendo la tecnica, Galep era riuscito a scomporla e a
sintetizzarla meravigliosamente, rafforzandola con una personalità
che avrebbe fatto scuola a diversi suoi colleghi; uno su tutti:
Gallieno Ferri.
![]() |
Due delle cover più belle di Tex realizzate da Galep. A sinistra: fotocopia da una delle tavole originali di Tex e il segno di Cruzado. |
Ma, soprattutto, Galep
aveva un modo formidabile di disegnare i cavalli, le rocce, il mare
in tempesta; lui il mare lo vedeva ogni giorno dalla sua Chiavari.
Spesso lo riproduceva nelle belle tele che teneva esposte nel suo
soggiorno e da esse si evinceva il suo straordinario talento
d'osservatore e d'illustratore. E quello stesso talento illustrativo
Galep lo mise spesso al servizio del suo eroe, Tex Willer; mi fece
vedere una serie di manifesti e locandine sul famoso ranger da lui
realizzate in occasione delle varie mostre tenutesi nel corso degli
anni. Forse risulterà superfluo ormai dirvi che mi donò una copia
per ogni locandina. Ma la straordinaria dote d'illustratore, Galep
l'ha sempre sfoderata nella realizzazione delle mitiche copertine di
Tex; tra le prime trecento si possono trovare autentici gioielli: la
già citata l'Aquila e la folgore, ma anche La rivolta,
Vigilantes, SuperTex, El Morisco, la splendida
Il figlio di Mefisto, Il veliero maledetto, I due
rivali, Il giudice Maddox, ecc...
Posso vantarmi di averle
viste tutte, ma non sotto forma di albo stampato bensì tutti gli
originali.
“Vieni”,
mi disse Galep, “Siediti qui e sfogliati tutti i disegni che
ho fatto per le copertine. Delle tue preferite puoi farti le
fotocopie!”. Che roba ragazzi; davanti ai miei occhi
sfilavano tutte le cover del ranger più tosto della storia dei
comics e vi posso garantire che il disegno originale non ha niente a
che vedere con il risultato stampato: tutta un'altra storia. Ne
scelsi una decina e le fotocopiai (ma fu veramente dura: le avrei
fotocopiate tutte). Nel frattempo mio padre gli chiese se era
disposto a vendere qualche sua tavola e lui rispose negativamente.
“Guardi qui...” e aprì l'armadio vicino alla porta
d'ingresso: completamente saturo delle sue tavole (o meglio strisce
poiché quello era il formato da lui prediletto per disegnare), “Le
ho tutte con me, non m'interessa darle via!” Però in
compenso Galep mi fece scegliere alcune tavole tratte da Il segno
di Cruzado che fotocopiai immediatamente.
![]() |
Il bellissimo libro scritto da Galep, L'arte dell'avventura.
|
In effetti è molto
difficile trovare originali di Galep in vendita presso i vari
mercanti d'arte; a tal proposito Sergio Bonelli mi diede un'ulteriore
conferma durante una sua intervista concessami nel 2010: “Conservava
tutti i suoi disegni tanto che è difficilissimo vederli in giro. Se
ne trovi qualcuno in qualche fiera, vuol dire che l’hanno rubato
direttamente a me oppure in tipografia”.
Un
uomo davvero eccezionale Galep. Parlando di Tex ci disse come in
realtà lui detenesse i diritti sul volto dell'eroe western in quanto
creatore grafico del personaggio. Ci raccontò anche che fu lui a
suggerire a Gianluigi o Tea Bonelli (non ricordo esattamente) di
chiamare il personaggio Tex Willer e non Tex Killer come
originariamente era previsto. A tal proposito sempre Sergio Bonelli
mi disse: “È
un mistero. Ci sono cose che si sono perse nella memoria. È come il
logo di Tex. Mia madre dice che è stata lei a idearlo. Mio padre
dice che è stato lui, che chi dice che è stato quell’altro…”
![]() |
A proposito dei “Texoni”. Galep mi illustra il suo punto di vista. Chiavari, 1991.
|
Nonostante
la sua età, Galep aveva un'aria gioviale: non ancora stanco, si
sedette e armandosi di matita e pennello realizzò un disegno per la
piccola collezione di mia madre: una serie di orologi di cartone
pressato bianchi su cui ogni artista poteva realizzare il proprio
disegno. Galep realizzò un primo piano di Tex, Carson e Tiger Jack;
nel realizzarlo, il maestro lamentava le sue non buone condizioni
fisiche; non riusciva a muovere correttamente il braccio destro e
aveva problemi di vista che gli impedivano di far bene il proprio
lavoro. E lui ne era perfettamente consapevole; e di questo potevamo
renderci conto tutti guardando le ultime copertine di Tex, in cui si
percepiva l'immane fatica provata da Galep nel realizzarle. Sul suo
tavolo oltre ai disegni donatimi, c'era anche qualche tavola di
quello che sarebbe stato il suo ultimo lavoro: Tex 400: “Per
le storie speciali come questa, mi lasciano piena libertà creativa
soprattutto nella composizione delle vignette...”.
Una libertà creativa forse un po' negatagli dal suo personaggio
simbolo Tex Willer; basterebbe guardare la produzione di Galep prima
del ranger texano, per rendersi conto della sua versatilità e
genialità creativa, nel fumetto realistico e umoristico,
nell'illustrazione, nella pittura e perfino nel disegno animato
(d'obbligo, in questo caso, la lettura del suo volume L'arte
dell'avventura).
Prima
di congedarci, Galep ci portò in una stanza dove ci stupì per
l'ennesima volta: aprì un enorme pannello tenuto fisso sul muro da
un gancio e davanti ai nostri occhi si materializzò uno splendido
plastico ferroviario da lui interamente ricostruito con incredibile
dovizia di particolari.
Una
cosa davvero incredibile: cos'era capace di realizzare questo
piccolo, grande e geniale uomo.
Ci
salutammo con la promessa di rivederci. In viaggio, nel camper,
parlai poco. La mia mente era piena di tutte le emozioni provate in
quella splendida mattinata.
Chiavari
28 giugno 1992
La
promessa di rivederci fu mantenuta. Eravamo a Lavagna (se non erro è
questo il nome del comune) ospiti di Ivo Milazzo, quando sia a me che
a mio padre venne voglia di rivedere Galep; approfittammo quindi del
fatto che anche Ivo doveva incontrarlo, per avere momentaneamente in
prestito da Galep una cover di Ken Parker (KP n. 49, Rosso sangue) che lo stesso Milazzo tempo
addietro aveva realizzato in omaggio a Galeppini.
Ed
eccoci quindi, nella seconda metà del pomeriggio, nuovamente nello
studio di Galep. Ci accolse sempre con lo stesso umore e la stessa
espressione con cui ci aveva lasciato. Ci fece accomodare nel
soggiorno della sua abitazione dove erano esposti in bella vista i
suoi quadri.
“L'altro
giorno il mare era un po' agitato, le onde erano belle, quindi ho
preso la tavolozza con i colori e ho buttato giù quello...”
indicandoci un bel dipinto in cui predominavano le onde della costa
ligure.
Passammo
nel suo studio. Milazzo, in realtà, si era già congedato, dicendoci
che sarebbe venuto a riprenderci dopo un paio d'ore.
Una
volta seduto al suo tavolo di lavoro, Galep ci consegnò la cover di
Ken Parker da portare a Ivo. Prima di darcela elogiò con grande
sincerità l'arte di Milazzo: “...
Che dire? È un artista magnifico, bravissimo, che con pochi segni
riesce a realizzare un'illustrazione così bella...”
(riferendosi alla cover) “...
anche i colori sono splendidi...”.
In effetti Galep aveva ragione: quella cover vista dal vivo aveva
davvero qualcosa di magico.
Galep
intanto si lamentava delle sue condizioni fisiche che non gli
permettevano di far bene il suo lavoro: “Dovrei
avere il coraggio di fare come quello scrittore, Hamingway...”
e prendendo una delle sue pistole modello da lui costruita se la
puntò alla tempia tipo roulette russa. “PAM!
Un colpo e via...”.
Rimasi basito ma lui lo disse con tale ironia e tranquillità che
sembrava quasi una cosa naturale. Il grande maestro era consapevole
che i suoi ultimi disegni non erano all'altezza dei suoi capolavori
degli anni '60 e '70 e per un artista, credetemi, non c'è niente di
peggio.
Galep
mi regalò il suo libro L'arte
dell'avventura
(lo avevo già ma regalato dal maestro era tutta un'altra storia) che
impreziosì con una splendida dedica e poi decise d'illustrarmi il
suo metodo di lavoro.
Prese
la fotocopia di una sua tavola (Il
segno di Cruzado)
e la posò su un tavolo illuminato artigianale da lui realizzato: un
pannello di vetro tenuto da due sostegni a mo' di cavalletto. Prese
una delle sue lampade che illuminavano il suo tavolo da lavoro e la
posizionò sotto il vetro, creando così un perfetto tavolo luminoso.
Quindi con la matita ricalcò un Tex a cavallo.
Una
volta finito prese un pennarello e incomincio a inchiostrare: “Questi
pennarelli sono magnifici per fare il tratto uniforme...E anche
questi pennelli sintetici...”
(quelli messi in commercio alla fine degli anni '80 dalla Staedtler)
“...sono
fantastici, se solo gli avessimo avuti vent'anni fa...”
e incominciò a dare le tipiche pennellate con una tale rapidità che
non feci in tempo neanche ad accorgermene. Si lamentava sempre che
non riusciva a roteare bene il braccio e quindi ripeteva il gesto
della pistola alla tempia con mio padre che ribatteva di non pensare
neanche a una cosa del genere.
Ma
Galep, nonostante le sue condizioni di salute continuava a stupirmi
ed emozionarmi. Lui stesso quando parlava lo faceva con la stessa
giovialità di un bambino. Nel frattempo mio padre ci scattava
qualche foto per immortalare questi momenti e lui all'improvviso si
alzò, aprì un armadio e prese una macchina fotografica (una
polaroid) e porgendomela mi disse: “Ora
fammi tu una foto.”
Una volta scattata e uscita lui la prese e me la autografò e poi mi
disse di mettermi accanto a mio padre: “Adesso
anch'io vi faccio una foto!”.
E una volta fatta, pretese di tenerla per se e che la firmassimo
entrambi come ricordo di questa bellissima giornata.
Ivo
Milazzo passò a prenderci. Salutammo Galep che ci disse: “Quando
volete venire a trovarmi....”
Sempre con quel suo bel sorriso dolce e gentile.
Epilogo
Lecce
10 Marzo 2004
Di
lì a poco sarei partito per il servizio di leva. La notizia della
morte di Galep la apprendemmo da un telegiornale.
Alla
tristezza si mischiava la gioia per aver avuto la fortuna di
conoscere quest'uomo meraviglioso, artista creativo e geniale come
pochi nel nostro panorama fumettistico.
Ma
in me c'era anche il rimpianto di non essere ritornato una terza
volta a passare nuovamente con lui un ennesimo, memorabile momento.
Ma
il 1992 fu un anno fondamentale della mia vita: dopo circa quattro
mesi dall'ultima visita ad Aurelio Galleppini, incontrai il mio idolo
di sempre, Jacovitti e con lui diedi inizio una collaborazione lunga
cinque anni.
Ma
Galep è uno di quegli artisti che porterò sempre nel cuore. I suoi
due disegni da lui dedicatimi sono sempre in bella vista nella mia
casa e mi hanno sempre seguito in oltre vent'anni.
Dopo
la morte di Galep, Tex non fu più lo stesso. È come quando qualcosa
si perde per sempre e non si può più recuperare. Senza nulla
togliere allo staff odierno di artisti che realizzano le avventure
del noto ranger, Galep aveva una marcia in più rispetto a tutti.
Tecnicamente forse ce ne sono di migliori ma nessuno è mai riuscito
a rendere un paesaggio così selvaggio, o una galoppata a cavallo
così vera; nessuno è più riuscito a dare quella bella 'rocciosità'
al Canyon o quell'effetto tenebroso al mare in tempesta; nessuno è
più riuscito a disegnare le ghost town con lo stesso senso di
desolazione così com'era capace di farlo Aurelio Galleppini in arte
Galep.
Un
artista unico e imprescindibile.
![]() |
Galep e il sottoscritto nel nostro
ultimo incontro. Chiavari, estate 1992.
|
Quoto : ". E soprattutto dal volto di Tex Willer, dai lineamenti quasi sensibili, molto simile a eroi come Gary Cooper o James Stewart. ", Un artista unico e imprescindibile. Oggi i visi di Tex sono disegnati per la maggior parte troppo duri, violenti, senza anima . Perchè Galep sapeva dare anima ai volti. La maggior parte dei disegnatori di Tex odierni sa solo disegnarlo con la mascella quadrata, le labbra fini, gli occhi di ghiaccio. Ironia, paura, stupore, zero. Per chi ha visto, godendoli, i tratti di Galep e Letteri e Ticci, è difficile vedere nel volto del Tex odierno il vero Tex. Forse solo Civitelli un po' mantiene l'umanità del perosnaggio Tex. Chiaramente parliamo di gusti personali
RispondiEliminaGalep era un artista geniale nel vero senso della parola; artisticamente discende dalla scuola raymondiana ma è riuscito a creare uno stile personalissimo in seguito da molti imitato; il suo Tex ha il,volto alla Gary Cooper e in quel volto c'era davvero un'anima come hai ben sottolineato.
EliminaDisegnava divinamente le tempeste di neve e di mare, le rocce, i cavalli e quando gli veniva data la possibilità riusciva a stupire anche a livello compositivo come nella splendida storia breve "Condor Pass"...
Tra i grandi maestri irripetibili...
Nei primi numeri era Gary Cooper..poi secondo me aveva gli occhi di Galep stesso. Concordo sul maestro e sui paesaggi. Mi e ci manca. Spero in qualche nuova leva che restituisca un'anima a Tex
Eliminainfatti il primo modello fu Gary Cooper... successivamente Galep uso il suo volto come modello...
Eliminasperiamo quanto prima che qualche nuovo artista ridia a Tex l'anima dell'eroe...
Ciao Ned
EliminaOltre ad unirmi a quelli che si sono complimentati con te per questo bell'articolo ti volevo chiedere una cosa di cui probabilmente hai già parlato ma che io mi sono perso : ma com'è che tuo padre aveva contatti con tutti questi fumettisti ?
Saluti
Ciao Mario,
Eliminaeh! eh! sembra strano vero? In realtà non aveva contatti con nessuno di loro... ma era dotato di un'ottima intraprendenza e di una bella faccia tosta:)
Berardi e Milazzo li conoscemmo a Lucca nel 1990 agli albori della serie oro di KP. Un tipo di Lecce (la mia città) era interessato a fare la mostra di Ken "il respiro e il sogno", mentre un imprenditore era interessato addirittura a creare una linea di abbigliamento di Ken (come ho scritto nel Comic's Diary dedicato a Berardi)... Poi non se ne fece nulla perché non si arrivò a degli accordi economici che soddisfacessero entrambe le parti.
Per Magnus (il primo grandissimo autore che andai a trovare nel suo studio) credo sia stata l'audacia di mio padre che, telefonando a Magnus riuscì ad ottenere un appuntamento (credo di averlo scritto nel Comic's Diary dedicato a Magnus).
Al tempo (fine degli anni '80) fu pubblicato un vademecum con tutti gli indirizzi e i numeri di telefono degli autori di fumetti Italiani: da Jacovitti a Galep fino a Magnus ecc... e grazie a quello potevi chiamare gli autori per vedere se era possibile visitare il loro studio vedere il loro metodo di lavoro.
Idem per Galep, mio padre lo contattò telefonicamente e il maestro fu gentile nel riceverci per ben due volte...
C'è da dire che i grandi maestri erano molto umili e disponibili verso i loro fans... dall'altra ho avuto la fortuna di avere un padre che (almeno in quello) mi ha assecondato a coltivare la mia passione...
A presto Mario.