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Editiemme, 1980 (Italia, Philadelphia Miller il Monco 1973) |
“Eravamo
lì con i nostri normalissimi rapidograph, senza fare del male a
nessuno, quando all’improvviso la porta si spalancò e apparve lui
col pennello spianato. «Fermi tutti, questo è un disegno!» «Non
spararlo, Maurizio, non spararlo!» Ma lui se ne fregò, lo sparò
comunque. E poi se ne andò sorridendo educatamente. E noi impotenti
a chiederci: «Ma dove lo trova quell’arsenale? Quale cartolaio gli
fornisce inchiostro al tritolo, machines-pennelli, pennini a testa
dirompente?» Possibile che si lasci girare indisturbato uno capace
di scatenare una libertà grafica di tale portata?”.
(Quino)
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La prorompente forza espressiva e dinamica dei disegni di Bovarini. |
I
disegni di Maurizio Bovarini sono davvero esplosivi. Ha
ragione il creatore della mitica strip Mafalda.
Osservare i disegni dell'artista bergamasco (naturalizzato milanese)
e soprattutto le sue tavole, equivale ad assistere ad una vera e
propria detonazione; solo che al posto del tritolo c'è l'inchiostro.
I suoi lavori hanno una forza dirompente ed una carica espressiva
fuori del comune.
Maurizio
Bovarini è
un autore unico e irripetibile: irripetibile come illustratore e
irripetibile come artista satirico. Ebbe a dire di lui il compianto
Georges Wolinski:
"Quelli
che hanno visto per la prima volta i disegni di Bovarini nell'Enragé
del maggio '68 non li hanno dimenticati. Gli uomini al potere adorano
essere caricaturizzati, ma non da disegnatori come Bovarini. Lui non
è cattivo, è spietato come lo sguardo di un bambino o come la
requisitoria di un avvocato. I suoi disegni sono delle condanne".
E
il più grande autore francese di satira aveva ragione da vendere
quando parlava del collega italiano.
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Le "esplosioni d'inchiostro" nelle tavole di Maurizio Bovarini. |
Ma
Bovarini
fu irripetibile anche come fumettista. Fu sua la graffiante parodia
Ultimo
tango a fumetti,
tratta dal noto film del 1975 di Bernardo
Bertolucci
e oggetto di feroci attacchi da parte della censura. Gli stessi
attacchi furono subiti, senza nessun apparente senso, da Bovarini
che
si vide vietare la diffusione del libro. Ma anche opere come Eia
Eia Trallallà
e Schizzofrenia
(la doppia zeta è voluta) sono opere di elevatissimo spessore
grafico e contenutistico.
Tuttavia
credo che la vera opera a fumetti di Maurizio Bovarini
rimane La dinastia dei Miller.
La
storia segue le vicende del piccolo Nelson Bartolomew Miller Jr.
che, mandato via dal ricco padre, cresce nel selvaggio west
diventando il temibile pistolero Philadelphia Miller il Mancino;
da li in poi una serie di drammatici eventi lo porterà ad una
tragica fine, ma di lui resterà qualcosa in suo figlio Arthur,
avuto dalla sua tanto amata Clara che lo cresce nascondendogli
la vera identità del padre. Arthur ormai adulto si ritroverà
in un west più moderno (nell'epoca dei gangsters e del
proibizionismo) e dovrà fare i conti col suo passato.
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la pennellata secca e decisa si alterna a quella più 'sgranata' ed espressiva. |
I
motivi per definire un capolavoro (ma sinceramente quasi tutti i suoi
lavori lo sono) quest'opera sono diversi: la particolare
ambientazione (in gran parte western), la storia narrata da Bovarini
con gli stessi toni epici e drammatici di una tragedia e,
naturalmente, l'altissimo livello artistico raggiunto dall'autore. In
questa storia il genere western assume dei toni costantemente cupi e
questo grazie allo stile grafico di Bovarini che, come
ha giustamente detto Quino, usa inchiostro al tritolo: il suo
pennino 'graffia' le tavole tanto da far quasi percepire lo stridore
dello strumento e il suo pennello delinea i personaggi e gli ambienti
con un'espressività che pochi artisti hanno. E questi due strumenti
nelle mani di Maurizio Bovarini equivalgono ad un
winchester e una colt in mano a Wild Bill Hickok: siamo oltre
la meraviglia. Perché quando sfogliamo un western dipinto da Hermann
rimaniamo meravigliati; quando ci soffermiamo sulle tavole western di
Milazzo, rimaniamo meravigliati, così come lo siamo stati
davanti al tanto atteso 'Texone' di Magnus. Ma con Bovarini
il discorso è diverso. Perché le sue tavole sono libere da
quegli schemi che spesso il pubblico sembra gradire e i suoi
personaggi non sono belli come quelli che il pubblico si aspetta; le
sue tavole sono un concentrato di inchiostro magistralmente
distribuito sotto forma di segni che variano sotto gli occhi del
lettore: la 'pennellata' di Bovarini talvolta è nitida
e decisa, altre volte è secca e sbiadita, ma sempre carica di
un'espressività che ha pochi eguali. Non sembra esserci un disegno
vero e proprio nei suoi fumetti ma solo delle pennellate incisive che
costruiscono l'intera tavola; quest'ultima viene composta in maniera
efficace e dinamica, perfettamente in linea con l'intero caos dello
stile di questo grande autore.
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Verso il finale di un capolavoro misconosciuto: l'ira di Arthur. |
“Bovarini
disegna con la cravatta, digrignando i denti... Poi si corica,
lasciando i pennini sfiniti sulla carta sfatta!”
dice di lui Francesco
Tullio Altan,
che con Bovarini
creerà la serie Morgan
per
la rivista Alteralter;
e il creatore della Pimpa
ha perfettamente ragione. Le pennellate di Bovarini
potrebbero essere realizzate con qualsiasi mezzo. Purché sia usato
da Maurizio
Bovarini:
artista imprescindibile. E soprattutto irripetibile.
Curiosità
Il
primo episodio, Philadelphia Miller il Mancino, uscì
per la prima volta in Italia, su uno dei supplementi della rivista
Linus, Disco Linus, nel 1973. L'anno dopo fu tradotto
in Francia dalla rivista Charlie. Nel 1980 la Editiemme
(che tra le altre cose pubblicava la rivista Tempo Medico su
cui Bovarini collaborava come illustratore) decise di
ripubblicarlo nella collana di volumi cartonati curati da Luigi
Bona; per l'occasione Bovarini disegnò la seconda
parte e il volume fu pubblicato come La dinastia dei Miller.
Tra
i vari lavori realizzati da Maurizio Bovarini val la
pena citare le illustrazioni realizzate per il romanzo di Leonard
Gardner, Fat City (pubblicato da Milano Libri nel
1974), da cui John Huston trarrà uno dei suoi film più belli
e la cover dell'LP Appointment in Milano di Bobby Watson.
Muore
per un infarto nel 1987.
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Cover del romanzo Fat City, illustrato da Maurizio Bovarini |
Edizione
consigliata
Assolutamente
dignitosa e abbastanza rispettosa del segno di Bovarini:
cartonata, formato medio e stampa su carta a grammatura pesante. Si
trova su internet a buon prezzo oppure nelle fiere di comics.
Altre
edizioni
Ovviamente
nessuna. Nonostante il suo genio, credo sia difficile sperare in una
riedizione delle sue opere più belle.
Bovarini mi è abbastanza sconosciuto, ma credo che abbia bazzicato poco il fumetto. Sicuramente ho qualcosa di suo su vecchi Alter (la citazione della collaborazione con Altan mi ha acceso una lampadina) e forse visto il suo stile l'ho incontrato in una raccolta dei "Fumetti di Puz", ammesso che si chiamasse così, mi pare fosse un volume di Stampa Alternativa curato da Graziano Origa, o a cui Origa aveva partecipato come autore.
RispondiEliminaQuella collana della Editiemme era eccezionale: io ho dei volumi di Alberto ed Enrique Breccia, ma vi pubblicarono come saprai pure Silvio Cadelo e altri autori che, per quanto poi non siano rimasti nell'ambiente, hanno prodotto cose molto buone. Pensavo di dedicarle un pezzo, ma è difficilissimo ricostruire l'esatta bibliografia e probabilmente ignoro l'esistenza di più di un volume.
PS: "Georges" Wolinski, non "Charles", anche se viene spontaneo chiamarlo così dopo i fatti di Charlie Hebdo! :) Sapessi quante volte io confondo Druillet con Dionnet...
Magari tu riuscissi a dedicare un pezzo alla splendida collana della Editiemme... ci vorrà un po' di tempo per documentarsi ma con la tua precisione non dovresti avere problemi... attendo fiducioso:)
EliminaA volte il nome Bovarini sto maledetto correttore me lo da come Bovarismi... ma ti pare?? :)
Comunque Bovarismi dovrebbe essere pubblicato tutto perché è veramente unico come artista. Ma anche lui Luca ha subito la stessa sorte di tanti: dimenticato!