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Edizioni Di, 1997 (Italia, Pompeo, 1987) |
“Sono
in balia della feccia del pianeta, della peggio gente, e passo tra di
loro la maggior parte del mio tempo, dò relazione alle merde,
permetto a chiunque di importunarmi, basta che abbia la roba... e un
tempo, ero così schizzinoso...”
(Pompeo)
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Andrea Pazienza |
Bello,
fragile, geniale, artista dal talento illimitato e narratore di
un'intera generazione, Andrea
Pazienza
fu soprattutto un autore vero, che si raccontava con una naturalezza
disarmante e che riusciva a catturare l'essenza del periodo in cui
viveva; ma era anche un uomo tormentato, schiavo di un male che
avrebbe posto la parola fine alla sua vita a soli 32 anni. Troppo
presto, soprattuto se pensiamo alla sua vasta produzione artistica
che, oltre ai fumetti, comprende illustrazioni, disegni pubblicitari,
cover di dischi, collaborazioni a sceneggiature cinematografiche e
quant'altro ha contribuito a farne un artista di culto amatissimo da
tutti. Fermatevi a riflettere su cosa avrebbe potuto fare un simile
talento se la sua sua vita non avesse avuto così breve durata; ma
alla fine il giovane autore pugliese ci ha lasciato davvero tanto, e
quello che possiamo fare e solo stupirci di fronte a tanta grazia
artistica.
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Pompeo e la sua "migliore amica": l'eroina. |
Pompeo
(vero e proprio alter ego di Andrea
Pazienza)
è un diario che il suo autore condivide col pubblico; nelle sue
pagine è narrata la sua disperazione, la sua angoscia, il suo
fallimento di uomo immerso in un triste stato d'animo, avvolto in un
girone infernale che sembra non avere uscita, se non nella droga: la
rincorsa ossessiva della dose rappresenta per quest'uomo l'unico modo
per non pensare al suo passato e l'unico modo di sopravvivere al
presente. Un presente oscuro, in cui Pompeo
si
muove come un'ombra in mezzo all'oscurità accentuata da Andrea
Pazienza
con un tratto tormentato; i neri netti si alternano a quelli
realizzati con un pennarello quasi scarico, la figura di Pompeo
viene delineata talvolta con un tratto pulito, quasi elegante,
talvolta con una serie di fitti tratti che sembrano sporcare
volutamente l'anima del protagonista, rendendo il racconto un'odissea
densa d'inquietudine.
Un'inquietudine
che è facile immaginare; un racconto che va avanti senza un
canovaccio preciso e che si delinea artisticamente su fogli di carta
arrangiati (carta da fotocopia, album di scuola a quadretti) come a
sottolineare maggiormente il malessere del suo autore che attraverso
Pompeo si
confida con il suo pubblico, lo rende partecipe del suo umore, del
suo fallimento, che si contrappone a una voglia di riscatto in cui
non sembra credere nemmeno lui. E nel farlo, Pazienza
riduce al minimo i dialoghi e abbonda in pensieri che nascono
direttamente dal suo inconscio; frasi che sembrano non avere un
senso, a volte del tutto slegate dal racconto. Ma Pompeo
non è un semplice racconto, non è una semplice autobiografia, non è
una cronologia dei fatti; Pompeo
è un'opera che riesce a tirar fuori tutte le potenzialità
espressive del fumetto e ad esprimere la carica emotiva, narrativa e
artistica di un autore che non disegnava semplicemente storie ma che
raccontava la vita (spesso la sua vita) con un'istintività
disarmante, cogliendone l'essenza bella e oscura, raccontando con
naturalezza l'amore e la morte, con quella geniale ironia che l'ha
sempre contraddistinto.
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Le conseguenze della droga... |
“Così
finisce l'ultima puntata di Pompeo
e, presumo, anche un lungo capitolo della mia vita... In questi anni
ho scoperto di non essere un genio. Perché si', lo confesso, da
ragazzo ci speravo. Invece no, sono un fesso qualsiasi. Pero', c'e'
sempre un pero', e' vero, sono un disegnatore eclettico. Un
disegnatore ecletto-sfaticato. Poi ho scoperto di non essere
attendibile, e di non essere tante altre cose...”
Scriveva Andrea
Pazienza
nella pagina successiva all'ultima tavola di Pompeo.
Falsa
modestia: credo che il vecchio Paz
sapesse
di essere un genio.
Non
si può realizzare un'opera come Pompeo
senza
esserlo.
Curiosità
Pompeo
fu realizzato in gran parte e volutamente su fogli quadrettati, tanto
che lo stesso Pazienza
chiese all'editore di non togliere righe e quadretti in fase di
stampa.
Nell'opera
Pazienza
racconta la sua esperienza come insegnante alla scuola di fumetto e
arti grafiche Zio
Feininger
nel 1983, in cui insegnò al fianco di altri grandi colleghi come
Magnus,
Mattotti
e
Silvio Cadelo.
Pazienza
aveva 31 anni quando portò a termine l'opera.
Edizione
consigliata
Quella
consigliata è molto buona: cartonata, ottima stampa e con qualche
studio in appendice al volume. Introduzione di Vincenzo
Mollica,
postfazioni di Marina
Comandini e
Moreno
Miorelli.
Altre
edizioni
Tutte
valide le altre edizioni: a cominciare dall'edizione critica della
Baldini
Castoldi & Dalai
realizzata nel 2000, fino a quella più recente del 2011 a opera
della Fandango
Libri.
L'opera
può essere anche recuperata nell'edizione brossurata realizzata
dagli Editori
del Grifo nella
collana La
Nuova Mongolfiera
nel 1987.
Per me uno dei tre fumetti più belli del mondo.
RispondiEliminaIl mio problema con Pompeo è che è stato il primo fumetto di Pazienza che ho letto, o comunque tra i primissimi, quindi il resto della sua produzione è stata per forza di cose messo in prospettiva.
Un appunto (non volermene!): ignoro se uscì la ristampa nei Classici del Grifo (spesso l'editore annunciava volumi che poi non vedevano la luce, e alcune imprecisioni sono finite anche su importanti testi) ma la versione nella collana La Nuova Mongolfiera, di cui era il numero 4 ed è quella che ho io, era brossurata.
Ma infatti mi ricordavo bene allora... anche perché me la ricordo in edicola alla fine degli anni '80 quando a me Paz proprio non piaceva... :( (ero un ragazzino inesperto).
EliminaGrazie Mille Luca, per fortuna che i lettori di questo blog sono collaborativi.. sono fondamentali le vostre segnalazioni...
In merito alla qualità del fumetto: credo che tutte le parole usate nel post non rendano giustizia a un'opera così vera: questo è vero autobiografismo a fumetti!
Secondo me è uno de igumetti d iPazienza che meno ha risentito del tempo , al contrario alcune cose come Zanardi, o Pentothal fuori dalla loro epoca hanno perso molto del loro smalto , Pompeo resta come uno dei pinnacoli dalla produzione di Pazienza , ma , non volermene , non sarei così sicuro che la storia sia completamente autobiografica ...
RispondiEliminaLa storia in effetti non è completamente autobiografica, se non altro per il finale. Ma io penso che a parte quel particolare ci sia tantissimo Pazienza in molti, se non in tutti, i particolari. I nomi dei fumettisti con cui teneva i corsi, per dire, sono veri. Se non ricordo male anche i nomignoli con cui chiama i parenti nella telefonata finale sono quelli che usava il vero Andrea Pazienza, come si evince da altri fumetti o vignette. E ci sono tanti di quei dettagli come nomi di persone, ricordi di situazioni e immagini visive molto forti che proprio perchè "buttati lì" senza essere sviluppati sembrano provenire direttamente dal vissuto di Pazienza senza filtri. Questa almeno è la mia impressione.
Eliminaforse non lo è anche se credo che ci sia molto della sua personalità in quella storia: splendido esempio di fumetto istintivo ed espressivo...
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